Giuseppe Mazzini, Pensieri sulla democrazia in Europa

La vera cagione dell’incertezza che s’attraversa in molti all’accettazione del nostro principio, è, giova dirlo e ridirlo, l’anarchia che prevale nel nostro campo: la moltiplicità dei sistemi – alcuni stranissimi – che s’affaccendano a sciogliere anzi tempo il problema dell’avvenire. La parte democratica è forse la sola in Europa che non abbia governo, autorità, centro morale a rappresentarla. Noi siamo credenti, ma senza tempio. Per terrore d’un’autorità falsa, usurpata, i più tra gli uomini della democrazia rifuggono dall’associazione ordinata e si cacciano, traviando, per torti sentieri e viottoli. L’aspirazione individuale regna tuttavia quasi esclusivamente sovrana. La libertà, che non è se non mezzo, è tenuta ancora da troppi siccome fine. Lacerata la bella insegna della democrazia: progresso di tutti per opera di tutti, duci i migliori e i più saggi, i fautori di sistemi hanno tolto ciascuno un lembo di quest’insegna e lo hanno sostituito, senza pur badar gli uni agli altri, alla bandiera comune. A taluno è venuto fatto d’afferrare un’idea meramente politica; e il dominio della maggiorità, la tirannide della cifra, senza riforma morale, senza mallevadoria d’educazione nazionale, usurpa nelle sue pagine il nome di Democrazia. Ad altri il lato economico della questione è il solo che meriti studio; e non avvertono che coll’esoso materialismo la tirannide, di qualunque nome s’ammanti, riesce più o meno presta, ma inevitabile. Altri ancora, noiati dei mali presenti e simili a fanciullo che spezzi il balocco nel quale egli ha, per colpa propria, urtato del capo, affermano avventatamente doversi distruggere quanto or nuoce, e, tratta una compiuta utopia di repubblica dalla loro mente, chiamano l’umana razza a collocarvisi e rimanervi per sempre. E appartati quasi sdegnosamente da tutti costoro, pochi solitari intelletti lamentano le condizioni dell’oggi, l’egoismo prevalente, il dubbio tormento dell’anime, la luce della fede perduta; ma non hanno consiglio per l’uomo, se non quello di rifarsi, prima di ogni altro tentativo sociale, forte, devoto, credente. La moltitudine intanto che non può sottoporre ad esame i cento sistemi che s’affacciano, tentenna fra gli uni e gli altri e diffida. Di tutte queste frazioni d’un partito, non una è compiutamente nel vero, non una nell’errore assoluto: esse sono frammenti della democrazia, non la democrazia. Date il suffragio a un popolo ineducato e governato da cieche passioni d’odio e di riazione, ei ne farà vendita o abuso; l’instabilità diventerà legge suprema dello Stato e impedirà ogni sviluppo regolare e normalmente progressivo di vita politica. Date impulso agli interessi materiali: se un concetto morale non predomina governandoli, voi non farete probabilmente che accrescere più sempre le ricchezze dei pochi senza giovare la moltitudine dei produttori: educati gli animi all’egoismo, soffocato tra i godimenti fisici quanto ha di più nobile l’umana natura, otterrete forse per la vostra società l’immobilità della China.